Lidia, una vita per gli altri

Di seguito, il testo dell’articolo in memoria di Lidia Basso De Biase, che la Fondazione Mariele Ventre, che ringrazio, mi ha fatto l’onore di pubblicare sulla propria rivista (Anno VII, n.13, Giugno 2021). Un numero particolarmente prestigioso, che dedica un ampio inserto centrale al venticinquennale della scomparsa di Mariele Ventre.

Il Covid ha portato via Lidia Basso De Biase. Nata a Rieti il 18/02/1938, felicemente sposata a Luigi e mamma di quattro figli, amava definire se stessa “operatrice di solidarietà”.

In realtà la parola che forse la identifica meglio è “empatia”, intesa in questo caso come la capacità di intuire i bisogni altrui e di elaborare con intelligenza soluzioni efficaci per risolverli. Una facoltà che le è servita sia nella vita privata che in quella professionale.

Lidia è stata per più di trent’anni addetto stampa dell’Antoniano di Bologna, e si deve anche al suo savoir-faire il successo che ha avuto l’istituzione bolognese, oggi universalmente nota e capace di aggregare ai suoi progetti di musica e solidarietà tanti personaggi prestigiosi del mondo dello spettacolo, dello sport e della cultura.

Schiva quanto nessuno mai ad apparire in pubblico, sempre riconoscente alla sorella Gina di averle insegnato i “ferri del mestiere”, riusciva con semplicità disarmante a suscitare l’interesse dei mezzi di comunicazione agli eventi in cui era coinvolta, e di cui spesso era l’organizzatrice.

L’entusiasmo, l’abilità di concepire progetti ambiziosi e il talento quasi magico nel realizzarli (magia in realtà fondata sulla chiarezza degli obiettivi da perseguire, sulla determinazione nel procurarsi gli strumenti per riuscirci e sulla bravura nel coinvolgere le persone) la colloca a pieno diritto fra quei grandi Bolognesi che incarnando uno spirito costruttivo tutto “anni cinquanta”, proprio cioè degli anni migliori del dopoguerra, hanno fondato realtà destinate a durare nel tempo. Lidia ha fatto proprio il messaggio di solidarietà che l’Antoniano vuole trasmettere con le sue attività al punto di recarsi lei, già nonna e di certo fisicamente molto lontana dal tipo dell’avventuriera, in terre lontane come il Congo e la Bolivia per controllare che le iniziative dell’Antoniano a favore dei bambini fossero state concretamente realizzate e funzionassero.  Grazie all’impegno di Lidia si è creato uno splendido rapporto con l’orfanotrofio “Il sorriso di Mariele”, dove c’è un’aula a lei dedicata, in Bolivia, e si sono moltiplicate nel tempo le iniziative che hanno legato quella realtà a Bologna e all’Italia.  C’è davvero da chiedersi dove Lidia trovasse tutta questa “grinta”. Ma non a caso Lidia ebbe familiarità con i frati che dal nulla fecero nascere l’Antoniano come oggi lo conosciamo. E non a caso fu ammiratrice e amica di Mariele Ventre, anche qui costituendo assieme a Gina l’elemento meno noto e visibile, ma non per questo meno necessario all’equilibrio complessivo, di una triade di donne formidabili il cui esempio deve essere oggi di ispirazione a noi tutti. Per amicizia, e profondamente convinta della bontà dei progetti, poi pienamente realizzati, fu una grande sostenitrice della Fondazione Mariele Ventre, al punto che i primi due ragazzini iscritti ai corsi di musica furono i suoi nipoti.

Trascinata nel rutilante mondo del pattinaggio a rotelle dalla necessità di seguire la figlia Elisabetta, campionessa europea, ha ideato e organizzato numerose manifestazioni dedicate ai bambini, e non solo. In questo caso l’elenco è particolarmente lungo.

Per anni “Befana sui pattini” è stato un appuntamento fisso il 6 gennaio, al Palasport di Piazza Azzarita a Bologna, per tutti i bambini che desideravano passare un pomeriggio in allegria, in compagnia delle canzoni dello Zecchino d’Oro e delle evoluzioni di gruppi di giovani pattinatori in costume.

Per 25 anni, in collaborazione con la Fondazione Mariele Ventre, una formula analoga è stata proposta con l’intento, riuscitissimo, di ricordare Mariele, fondatrice del piccolo coro: il “Trofeo Mariele Ventre” permette di riascoltare le canzoni dello Zecchino, quelle classiche che da sempre sono impresse nella nostra memoria e che proprio Mariele portò al successo, e consente di vederle reinterpretate da decine di pattinatori provenienti da tutta Italia, spesso giovanissimi, con costumi sgargianti e coreografie meravigliose. Il Trofeo è davvero una festa per gli occhi, gli orecchi e il cuore. È l’occasione di riaffermare valori importanti: il rispetto per l’infanzia, il diritto all’allegria e al gioco.

Lidia ha ideato e spesso organizzato altre manifestazioni sui pattini: le “Zecchiniadi” a Monza, “Estate sui pattini” a Lido di Classe, e il concerto su otto ruote, come lei lo definiva, “Juri, una vita che continua” a San Lazzaro di Savena, dove campioni di pattinaggio si esibivano sulle note delle più famose arie di musica classica. 

Un legame particolarmente profondo si è istaurato nei decenni con la città di Roseto degli Abruzzi, il cui sindaco ha voluto ricordare pubblicamente in un commovente messaggio l’attività che Lidia ha svolto per fare della manifestazione “Sport per la vita” un evento di rilevanza nazionale. Anche qui motore primo dell’iniziativa fu l’amicizia di Lidia con Licia Giunco, dinamica insegnante di Roseto, che avendo assistito a una “Befana sui pattini” la contattò perché la aiutasse a realizzare a Roseto “qualcosa di simile, ma più bello”. Missione pienamente riuscita. Grazie a un eccezionale comitato organizzatore, sempre in contatto con Lidia, “Sport per la vita” vede da anni il coinvolgimento di campioni di pattinaggio, scuole fra le più preparate, personaggi della musica e della cultura che volentieri partecipano come ospiti. Ogni anno vengono raccolte cifre importanti da dedicare a iniziative di solidarietà, e dal 1993 viene assegnata la “Rosa d’argento” a personaggi del mondo della cultura e del sociale che si sono distinti per il loro impegno, con particolare riferimento al mondo dei bambini.

SI parlava di empatia: Lidia pur fra mille impegni ha usato questa sua virtù per tenere unita la sua numerosa famiglia: sua sorella Gina la descriveva come un grande albero, una quercia, i cui rami si allargavano protettivi  per raccogliere tutti i suoi cari.

Fra questi le quattro sorelle, tutte bellissime e ciascuna, a modo suo, “donna di successo” come lei. Sempre rimanendo in famiglia, va citata la stima piena di affetto per i cognati, fra i quali il genio Carlo Rambaldi tecno-papà di E.T.. E si deve ricordare come splendido esempio la dedizione l’amicizia profonda e dolcissima che la legavano in particolare alla sorella Gina, celebre giornalista e scrittrice, voce di RAI International.

La piangono il marito Luigi, le figlie Paola, Valeria ed Elisabetta, il figlio Gianmarco consigliere comunale a Bologna, i nipoti Laura ed Enrico, i generi Stefano e Riccardo, la cagnolina Luna e tutti quanti la conobbero.

Bologna, 23 marzo 2021

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BRAVE PERSONE CHE FANNO LA DIFFERENZA

Narrativa – ELIDE MALAVASI di Arnalda G.Forni Cavalieri, SEAB Editore

Un eloquio personalissimo, fluido, frizzante, fresco come un torrente di montagna, e al contempo prezioso, dotto. La capacità rara di tradurre in una dimensione prettamente bolognese, per non dire domestica, concetti e giravolte culturali di respiro almeno continentale, se non di più. Un’umiltà di fondo nell’approccio al contenuto, davvero magmatico dal punto di vista affettivo, che si fonde con l’elegante professionalità della divulgazione degli aspetti storici e culturali. Una superficie arruffata, increspata di emotività, al di sotto della quale si scopre via via un estremo rigore nella ricostruzione storica dei fatti…. e una ricostruzione storica che si stempera e sparisce nell’affetto non sentimentale, o non solo, ma profondo e razionale che lega ogni parola.
Tutto questo è “Elide Malavasi” di Arnalda G. Forni Cavalieri.
È un libro d’amore che suscita amore: questa la definizione migliore, perché altrimenti l’opera resta di difficile classificazione.
È intitolata a una persona, quindi ci si aspetta di leggere una biografia: nient’affatto! Come un Santo Graal, Elide Malavasi è indagata nel libro, e viene resa nota al lettore, ma alla fine molto di lei sfugge, resta una presenza ectoplasmatica, una specie di matrice capace di dare forma a quanti la conobbero, ma impossibile da conosce nella sua totalità. Un po’ come la luna che ha due facce, una sola delle quali visibile. Eppure il metodo atto a forgiare “brave persone che dovranno fare la differenza” messo in atto dalla protagonista è chiarissimo.
Non è un libro storico, prima di tutto perché il dialogo con il passato, sul quale pure è costruito, è talmente naturale e vivificante che ogni distanza cronologica crolla di fronte a una attualità innegabile.
Non è nemmeno un libro scientifico, anche se leggendolo non si può che essere grati all’autrice per come riesce a spiegare con efficacia concetti non sempre immediati di pedagogia.
L’opera è un’opera libera, quindi come si diceva poc’anzi non definibile, ma alla fine prova la verità del motto del padre e dell’autrice: “I libri sanno dove devono andare “. Ciascuno di noi saprà trovare, con soddisfazione certa, la sua personale chiave di lettura.
Bolognesissimo nei contenuti, e ancora di più se possibile nell’esposizione e nella mentalità che questa sottende, “Elide Malavasi” lascia stupiti per la descrizione di un microcosmo che si ricompone, in uno spontaneo caleidoscopio, in un racconto epico, capace di divertire titillando concetti primigeni, piacevolmente fulminanti. Un esempio? La pagina in cui si parla di Padre Marella dove deflagra questa frase: “si ancorò con forza al trascendente facendone una certezza tattile”.
La parte dove si parla del mitico ’68, e di come lo risolse la signorina Malavasi, è spassosissima, ed emblematica assieme di come andrebbe demitizzato quel periodo.
Bellissima la pagina sul rispetto, da stampare su volantini e distribuire ovunque, tanto al tempo d’oggi ci sarebbe bisogno di una riflessione sul tema.
Doveroso infine un applauso al prezioso apparato fotografico e di note che accompagna il testo.
In sintesi: lettura consigliatissima!

…A riprova di quanto detto sopra, il libro è stato apprezzato da sua Eminenza il Cardinale Arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi, ed oggetto di un bell’articolo di Massimo Cutò su Il Resto del Carlino (il testo dell’articolo è disponibile qui: https://www.google.com/amp/s/www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/elide-malavasi-la-montessori-bolognese-1.6176084/amp)

(Elide Malavasi, Arnalda G.Forni Cavalieri, SEAB 2020,, ISBN 978-88-96278-01-7)

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